
Bale, Cavani, Falcao, Neymar, Ozil, James Rodriguez, Willian, Gotze. Alcuni tra loro si sono ritirati, altri vivono una fase calante della loro carriera. Quello che è certo è che saranno tutti ricordati tra i calciatori migliori della loro generazione e che ad accomunarli non c’è solo un talento fuori dal comune, ma anche un’estate: quella del 2013.
Fu quella una stagione calda, ma non caldissima dal punto di vista climatico, ma a renderla rovente ci pensò il calciomercato. Per la prima volta ci si rese conto che era possibile arrivare a spendere 100 milioni di euro per un solo giocatore, ma anche che era ormai impossibile competere con certi club.
Fu quella l’estate dei grandi colpi, dei 30 milioni come base minima per poter iniziare a trattare un giovane talento e, sebbene già da tempo lontano da certi parametri che pure aveva ampiamente contribuito a raggiungere negli anni precedenti, anche il calcio italiano propose dei colpi importanti. Come spesso succede, protagonisti assoluti di quei mesi furono gli attaccanti: in Serie A arrivarono campioni del calibro di Tevez, Llorente, Higuain, Mertens, Callejon e Gervinho e cambiarono casacca altre punte dall’elevato numero di goal assicurato come Icardi, Immobile e Toni.
Le grandi operazioni furono all’ordine del giorno e tra i tifosi si tornò a respirare un entusiasmo di ‘vecchio stampo’, ma tra tutte le trattative portate a termine, almeno in ambito italiano, ce ne fu una che più di tutte catturò l’attenzione dei media e che mandò in visibilio una piazza come forse mai era accaduto prima: quella che portò Mario Gomez alla Fiorentina.
Quella gigliata era all’epoca già una squadra in ascesa, visto che era reduce da un quarto posto in campionato e ormai i tempi sembravano maturi per quell’ultimo passo in avanti che avrebbe consentito di sognare realmente in grande. Tuttavia, quando iniziò a circolare la voce di un interessamento per l’attaccante tedesco, in molti si affrettarono ad archiviare il discorso alla voce ‘Boutade’.
Il perché è presto detto: Gomez era sì reduce da una stagione che al suo interno aveva compreso anche un intervento ad una caviglia, ma era comunque stato tra i trascinatori di un Bayern capace di centrare uno storico Triplete: Campionato, Coppa di Germania e Champions League. Un profilo da top club, una punta da 75 goal in 115 partite di Bundesliga con i bavaresi, un campione il cui nome era accostato a quello del Real Madrid.

Raffreddate le prime voci, l’argomento Gomez passò in secondo piano per alcune settimane, prima di iniziare a circolare nuovamente. Le suggestioni diventarono sussurri, i sussurri tornarono ad essere voci, le voci si trasformarono in un qualcosa di concreto, il tutto in un crescendo di emozioni che resero quei giorni indimenticabili.
Le radio locali, quelle che da sempre seguono da vicino la Fiorentina, iniziarono ad imbastire collegamenti con Monaco di Baviera che si fecero sempre più frequenti, fino a diventare la notizia con la quale aprire ogni trasmissione. Il nome di Uli Ferber, ovvero quello dell’agente di Gomez, diventò familiare per tutti, al pari di ogni suo minimo spostamento.
Per chi già vedeva in Gomez un novello Batistuta o un nuovo Toni, c’era però sempre qualcuno che invitava a tenere i piedi per terra. Il Bayern aveva già individuato in Mandzukic il suo successore, ma le cifre dell’operazione restavano proibitive, al pari dell’ingaggio da garantirgli. Restava poi una domanda che assillava tutti: perché un campione d’Europa nel mirino del Real Madrid dovrebbe scegliere la Fiorentina? La risposta ‘perché Firenze è la più bella’ non convinceva tutti.
Come se non bastasse, a rendere tutto più in salita ci si è messo Cavani. Il suo approdo al PSG era ormai più che nell’aria e la cosa garantiva al Napoli quella possibilità di investire che gli avrebbe permesso di sbaragliare la concorrenza di tutti in Italia. Per questo quando si iniziò a parlare di Gomez in ottica partenopea, per alcuni giorni il club di De Laurentiis venne dato clamorosamente in corsia di sorpasso.
Il testa a testa era partito, ma c’era una persona che più di altre credeva in quel colpo: Andrea Della Valle. I suoi uomini avevano lavorato duramente per rendere possibile l’impossibile e l’opzione di veder svanire tutto ad un passo dal traguardo non era contemplata. La Fiorentina già in passato aveva favorito il passaggio di Luca Toni al Bayern, adesso era il momento di vedersi restituito il favore. Fu una sua telefonata a Rummenigge a sbloccare in via definitiva la situazione e a scacciare i fantasmi: l’operazione era chiusa, era tempo di annunci ufficiali.
E’ il 12 luglio 2013 e l’ora di pranzo è da poco passata, quando sul sito ufficiale della Fiorentina appaiono le parole che l’intero popolo viola attendeva da settimane.
“ACF Fiorentina e FC Bayern Monaco annunciano di aver raggiunto un accordo per il trasferimento in viola a titolo definitivo del calciatore Mario Gomez Garcia, accordo subordinato alla firma del contratto economico da parte del giocatore e alle visite mediche che il calciatore sosterrà al suo arrivo a Firenze”.
Un semplice comunicato segnò l’ingresso in una nuova dimensione e pazienza se Jovetic e Ljajic erano sul piede di partenza, adesso nessuno si poteva più permettere di guardare la Fiorentina dall’alto in basso. Il club viola aveva preso uno dei migliori attaccanti del mondo, gli aveva garantito un ingaggio fuori da ogni parametro (il quarto più importante dell’intera Serie A) e la sola idea di vedere Gomez tra Giuseppe Rossi e Cuadrado induceva a volare alto con i pensieri.
Quella affidata a Montella era una squadra dall’attacco potenzialmente devastante, ma anche negli altri reparti non mancavano campioni del calibro di Gonzalo Rodriguez, Savic, Aquilani, Pizarro, Borja Valero, Joaquin ed Ilicic ed è per questo che in tanti, prima dell’inizio del campionato la inserirono tra quelle possibili outsider con le qualità giuste per iscriversi nella corsa per il titolo.
E’ in questo contesto che per il 15 luglio viene organizzata una presentazione in pompa magna. Quello che viene accolto al Franchi da 25mila tifosi in delirio è un Mario Gomez arrivato a Firenze con un volo privato poco prima di mezzogiorno, con compagna al seguito e sorridente come non mai.
“Adesso anche io sono fiorentino e ne sono molto contento. Avevo altre offerte, ma ho scelto Firenze. Ho vinto tutto con il Bayern ed ora voglio vivere una nuova sfida. Il sogno è vincere qui. Non mi pongo limiti a livello di goal, voglio solo farne il più possibile”.
Tra le migliaia di persone presenti al Franchi in quel caldo pomeriggio di luglio, la più felice di tutte era probabilmente Andrea Della Valle.
“E’ bellissimo tutto questo, vi avevo detto che il bello doveva ancora venire. Hanno anche provato a portarcelo via, ma non ci sono riusciti, perché Mario ha scelto noi. Abbiamo grandi obiettivi e questa ne è la conferma”.
Per un giorno Firenze si sentì capitale del calcio italiano, Gomez il giocatore più desiderato al mondo e la Fiorentina una realtà pronta ad esplodere. Peccato che i sogni e le ambizioni voleranno via insieme a quei palloni autografati calciati dal tedesco verso i tifosi in festa.
La storia infatti dirà che quella di Gomez in viola va inserita tra le favole senza lieto fine. Le premesse per fare bene c’erano, fu tutto il resto che mancò. I primi goal fiorentini arrivarono già alla seconda giornata di campionato (una doppietta sul campo del Genoa) ma ad essi, nel corso dell’intera stagione, se ne aggiunsero solo altre due.
E’ il 15 settembre quando l’incubo di ogni tifoso diventa realtà: si gioca Fiorentina-Cagliari e al 51’ l’attaccante tedesco, nel tentativo di calciare a rete, si scontra con Agazzi e resta dolorante a terra. Le immagini non lasciano spazio a troppe interpretazioni: è qualcosa di grave. Il giocatore si tiene il ginocchio destro, il tutto mentre in campo entra la barella con la quale dovrà tornare negli spogliatoi. Il Franchi è gelato e la magia delle settimane precedenti è già svanita.

L’esito delle visite mediche parlerà di una lesione parziale al legamento del ginocchio, ovvero circa otto settimane stop. La grande attesa rese quel lasso di tempo più breve di quanto percepito dal resto del mondo, ma Gomez non rientrò né dopo nove settimane, né dopo dieci. Un’infiammazione al tendine della zampa d’oca, una parte del corpo sconosciuta ai più, costrinse il tedesco ad uno stop di ben cinque mesi. L’ex Bayern dovrà attendere il 5 febbraio prima di poter tornare a lavorare con i compagni e il nuovo ingresso nei ranghi venne ‘festeggiato’ con una frase che lo stesso bomber rivolse al suo tecnico Montella.
“Buongiorno, sono Mario e faccio l’attaccante”.
In campionato arriverà solo un’altra marcatura e la stagione si chiuderà con la delusione legata alla sconfitta in una finale di Coppa Italia con il Napoli, che lui non giocherà a causa di un altro infortunio.
La sua seconda annata in viola si aprirà con un problema muscolare che lo terrà fuori due mesi, ma anche dopo il suo rientro darà sempre l’impressione di essere l’ombra del campione ammirato in Germania. Lento, macchinoso, quasi mai a proprio agio negli schemi di Montella, lascerà tracce di se solo in Coppa Italia, visto che con quattro reti si laureerà capocannoniere del torneo.
Dopo 7 goal realizzati in 29 partite di campionato raggranellate in due anni, 14 saranno quelli in 47 gare complessive, Gomez nel luglio del 2015 si congederà da Firenze. Arrivato a fronte di un esborso da 20 milioni di euro, si trasferirà al Besiktas per la cifra simbolica di 1000 euro, più una percentuale su un'eventuale futura rivendita.
La Bild commentò quell’operazione con una battuta che a molti tifosi viola avrà fatto male quanto una frustata.
“Gomez è sul mercato per una cifra molto abbordabile. Costa quanto un televisore di fascia media”.
SuperMario in Turchia ritroverà in realtà per incanto la confidenza con la rete e non solo. I 26 goal in 33 partite gli valsero anche una convocazione a Euro 2016. Gomez nella competizione segnerà anche due reti e giocherà contro l’Italia nei quarti di finale, prima di infortunarsi e di chiudere prematuramente la sua spedizione in Francia.
Dopo aver deciso di non ritornare in Turchia a causa dell’instabilità politica che c’era nel Paese, viene ceduto dalla Fiorentina al Wolfsburg, squadra con la quale vivrà un’avventura tra alti e bassi, tanto che alcuni tifosi, dopo un inizio travagliato, lo soprannomineranno “La morte delle palle goal”.
Gomez in realtà si guadagnerà una convocazione ai Mondiali del 2018, prima del canto del cigno. Come tanti campioni ha deciso di chiudere lì dove tutto era iniziato: allo Stoccarda. Nella stagione 2018-2019 non riuscirà ad evitare con la sua squadra la retrocessione e la cosa lo convincerà a restare per dare una mano per il pronto ritorno in Bundesliga. La missione è stata compiuta, l’ultima della sua storia da calciatore, visto che il 28 giugno 2020, a pochi giorni dal suo trentacinquesimo compleanno, ha annunciato il suo addio al calcio giocato. E oggi fa il direttore tecnico di Red Bull.

Mario Gomez è a Firenze sinonimo di rimpianto. Anche per SuperMario vale la stessa cosa, tanto che recentemente ha parlato di quel suo approdo alla Fiorentina come di un errore.
“Una volta raggiunto un top club, bisogna fare di tutto per restarci. Quando lasci quei livelli, poi è molto difficile tornarci. Decisi di andare a Firenze, con l’esperienza di oggi non lo rifarei. Mi volevano il Real e l’Atletico Madrid, ma scelsi la Fiorentina. Ero abituato a vincere sempre e le sconfitte per me erano amare. In Italia persi più che col Bayern”.
Quella di Gomez è la classica storia di ciò che poteva essere e non è stato. Oggi in molti lo inseriscono tra i peggiori giocatori della storia della Fiorentina, ma in fondo anche lui qualcosa di importante l’ha lasciato. Non l’ha fatto in campo, ma ancor prima di mettere piede in Italia quando ha regalato ad una tifoseria intera un sogno meraviglioso.
Il giorno della sua presentazione al Franchi resterà uno dei più belli della storia recente gigliata e coinciderà forse con l’ultimo sussulto della gestione Della Valle.
Le cose non sono andate come dovevano andare, ma nessuno dimenticherà mai quell’estate del 2013. Anche lei, a suo modo, si merita un capitolo nel corposo libro che raccoglie le vicende della Fiorentina.