Luciano Galletti, dal goal promozione col Napoli al trapianto di reni
L'ennesimo 'nuovo Maradona' mai diventato Maradona, ma con una tenacia enorme. Luciano Galletti da La Plata, professione attaccante, all'Estudiantes cresce, si forma e viene apprezzato dal Parma: l'Emilia si rivela l'approdo dell'avventura italiana, dove l'unica gioia gliela riserva Napoli. In carriera, oltre ai lampi tra Spagna e Grecia, anche un momento drammatico in cui calcio e salute si ritrovano a braccetto.
Galletti - trionfatore al Sub-20 del 1999 con la propria Nazionale insieme al 'Cuchu' Cambiasso - è il classico sudamericano non troppo piazzato, filiforme e bravo tecnicamente, in grado di agire sull'esterno o come seconda punta: soprattutto in quel periodo, prima che esplodesse la Messi-mania, i paralleli con Diego si sprecano. Ne sa qualcosa il Parma, che guidato dalla famiglia Tanzi nel '99 gli prenota un biglietto aereo per il Bel Paese. Affare fatto, l'Estudiantes lo cede.
A Parma però Galletti non 'canta', anzi... Zero presenze per colpa di una procedura burocratica farraginosa che gli impedisce di scendere in campo coi ducali, così la finestra invernale di mercato si rivela provvidenziale. Il club di La Plata, che controlla il suo cartellino, spedisce il golden boy albiceleste proprio nell'oasi felice di Maradona: Napoli.
"L'iter del trasferimento al Parma non si concluse nei tempi previsti - racconta Galletti in un'intervista a 'CalcioNapoli24' - Per questa ragione dovetti restare fermo 6 mesi. A gennaio si presentò quest'occasione e non esitai un secondo a coglierla al volo. Sapevo di indossare una maglia pesante, la stessa vestita da Maradona".
La società azzurra è in lotta per tornare in Serie A e a gennaio del 2000, per completare l'attacco, si gioca la carta Galletti: ancora Italia dunque, sotto al Vesuvio.
Sulla panchina partenopea siede Walter Novellino, il menù della casa è un 4-4-2 lineare e in attacco ci sono già pedine come Schwoch, Bellucci e Stellone, protagonisti nella rincorsa promozione: per Galletti trovare spazio e sconvolgere le gerarchie diventa dura, sia per tempistiche che dal punto di vista tattico. La prima davanti ai nuovi tifosi è un'amichevole al 'San Paolo' coi tedeschi del Bochum, dove alle qualità del ragazzo si unisce l'enigma su come sfruttare l'argentino in questo Napoli.
"E' troppo presto per poter esprimere un giudizio completo - commenta Novellino al fischio finale - Devo dire comunque che s' è mosso bene. L' ho provato anche come seconda punta. Ha messo impegno, ha fatto alcune belle giocate. Se si adatterà come tornante? E' ancora presto per dirlo. Farà quello che sa fare meglio. Sicuramente, al momento giusto, Galletti saprà dare il proprio contributo. Non dimentichiamo che abbiamo dei titolari che stanno facendo benissimo".
"Era la prima partita, era importante incominciare a inserirmi - le parole di Galletti - Il mio ruolo? Mi trovo bene sia da esterno sia da seconda punta. Sono venuto qui per giocare, ma devo ancora conoscere l' ambiente. Io spero di essere pronto al più presto. Di sicuro, ci siamo impegnati tutti. Il pubblico? Mi avevano parlato dei tifosi napoletani, ma la realtà è andata oltre le attese".
Premesse alimentate dall'entusiasmo, nelle idee del popolo azzurro l'argentino è il 'crack' con cui sferrare la zampata decisiva alla A, peccato però che le cose vadano in modo diverso. Novellino lo vede poco, Galletti si ritrova chiuso dai titolari e sulla fascia fatica. Un connubio 'flop' fino a Napoli-Cosenza, in un caldo pomeriggio di fine aprile.
I partenopei si impongono 1-0 grazie al goal del sudamericano, che entra dalla panchina e a 5' dalla fine fa esplodere Fuorigrotta. Un argentino che realizza il goal-vittoria nel tempio di Diego, per giunta a 20 anni: delirio. 'El Hueso' si toglie la maglia, corre senza capire dove sia, si libera di un macigno portato dentro per mesi. E' un timbro fondamentale, pesantissimo, perchè dà al Napoli la spinta per centrare l'obiettivo.
"E' stato incredibile, c'era lo stadio praticamente pieno: ero felicissimo, in quel momento avrei voluto abbracciare tutti i napoletani".
L'altro momento felice giunge a promozione già acquisita, all'ultima giornata col Genoa in un 'San Paolo' addobbato a festa: il Grifone vince 3-1, con rete partenopea di un Galletti coi capelli tinti d'azzurro al pari dei compagni.
"Ci riunimmo tutti e decidemmo di presentarci in campo con qualcosa di carino e speciale che potesse restare impresso nella memoria dei tifosi".
Il bilancio complessivo dell'argentino a Napoli recita 11 presenze e 2 goal, senza prospettive utili ad investirci in via permanente: così, dopo un anno tribolato addolcito dal finale, Galletti saluta per sempre l'Italia e fa rientro all'Estudiantes.
"Il club non stava attraversando un periodo felicissimo dal punto di vista societario, parlai con l'allora ds Filippo Fusco che mi avrebbe voluto nuovamente in azzurro, ma l'Estudiantes chiedeva tanti soldi che i partenopei in quel momento non avevano. Ho giocato in un ruolo non mio, ma ho dato sempre il massimo per la causa. La mia esperienza al Napoli è stata bellissima".
Dopo un'altra annata con la squadra di La Plata, Galletti tenta per la seconda volta l'avventura in Europa: l'Estudiantes lo cede a titolo definitivo al Saragozza, squadra con cui l'attaccante raggiunge i picchi massimi della carriera. Goal decisivo nella finale di Coppa del Re del 2003 ai supplementari al Real Madrid, altro sigillo nel trionfo della compagine aragonese contro il Valencia nel match che vale la Supercoppa di Spagna 2004. Insomma, niente male.
"Ho i ricordi divisi a metà - rivela ad 'AS' parlando della notte da sogno coi Blancos - Prima di giocare, è stata una delle giornate più tristi della mia carriera. Restare fuori dai titolari in una finale contro il Real mi ha fatto molto male, ma sapevo che avrei potuto cambiare il destino se avessi avuto l'opportunità di giocare e fare qualcosa di importante. Sono entrato in campo e quando ho calciato la palla non esisteva più niente: il silenzio, poi l'esplosione...".
Nel 2005 - unitamente alla medaglia d'argento ottenuta con l'Argentina alla Confederations Cup - gli exploit di Saragozza gli valgono la chiamata dell'Atletico Madrid, con cui Galletti disputa due stagioni. Non è l'Atleti di oggi, ma si tratta comunque di un bel salto.
È il suo periodo di maggior prestigio, un percorso che nel 2007 dopo Madrid lo porta in Grecia: ad Atene, sponda Olympiakos, dove tre stagioni all'ombra del Partenone si traducono in due campionati vinti, un titolo di capocannoniere e la possibilità di giocare la Champions League.
A 30 anni Galletti è maturo, lontanissimo parente del talento acerbo transitato a Napoli, ma proprio sul più bello la vita gli tira un brutto scherzo: ricaduta di un'infezione ai reni causata da un virus contratto in Messico durante una trasferta con l'Argentina e ritiro obbligato.
"Avrei voluto continuare, ma esistono cose più importanti: se continuo a giocare posso avere dei problemi".
La vita toglie, la vita dà: il padre Ruben Horacio, anch'egli ex giocatore, lo salva donandogli un rene e gli riapre le porte del pallone: un trapianto provvidenziale, reso possibile da un intervento chirurgico durato 4 ore. Un incubo trasformatosi in favola, grazie al quale Galletti vede la luce.
"Per fortuna il virus mi ha fatto giocare fino ai 30 anni, perché l'ho preso a 20 e mi hanno detto che prima o poi sarebbe tornato. Se non avessi lasciato il calcio e non mi fossi sottoposto al trapianto, sarei morto".
Dopo 3 anni di stop 'El Hueso' ci crede, lavora sodo e con gran determinazione torna in campo. Lo fa nel 2013, sempre in Grecia, firmando con l'OFI Creta.
"Sono felice: mi sento benissimo, mi sono allenato con l'Estudiantes. Credo di avere due o tre anni ad alto livello da offrire".
Dopo aver riassaporato il profumo del prato verde, in seguito a una parentesi coi dilettanti argentini dell'Atletico Carlos Casares, nel 2014 Galletti si ferma definitivamente: scarpini appesi al chiodo con l'orgoglio di chi ha lottato, si è rialzato ed è riuscito a fare di nuovo ciò che ha sempre amato. Oggi - dopo una parentesi da talent scout - l'ex Napoli fa il procuratore: di tagliare il cordone che lo tiene legato al calcio, non se ne parla.