C'è stato un momento in cui il suo futuro e quello del Milan sembravano destinati a prendere due strade diverse, ma alla fine a prevalere è stata la voglia di restare in una piazza che lo ha consacrato.
Rafael Leao ha da poco rinnovato il suo contratto con i rossoneri e proprio di questa sua decisione ha parlato in una lunga intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport.
"Un atto d’amore. Nella mia testa c’era già la decisione, ci ho pensato tanto, era solo una questione di timing, di scegliere il momento giusto. Prima del contratto, volevo andare in finale di Champions… ma non ci siamo riusciti".
A convincere Leao, cercato da diverse big del calcio europeo, è stato il programma dei prossimi anni allestito dal Milan.
"Il progetto è molto importante, ci sono molti giovani e la cosa più importante è che qui posso crescere ancora per arrivare al mio obiettivo: vincere molto. Dobbiamo vincere un trofeo. Dobbiamo allenarci e capire quello che vuole il mister per fare una stagione da grande squadra. Da quello che ho visto col Real, abbiamo una squadra molto forte".
Le ambizioni del portoghese sono ben chiare e non ha paura di nascondersi nel rendere noti i desideri che vorrebbe veder tradotti in realtà.
"Il sogno dello scudetto l’ho realizzato, ora manca la Champions, il trofeo che tutti i calciatori vogliono vincere. In Italia comunque è difficile vincere perché ci sono tante squadre forti e in 38 partite non puoi mai perdere punti. Le coppe europee, nell’ultimo anno, hanno dimostrato che la A è un campionato forte".
Nel corso dell'estate, oltre al rinnovo da top player, Leao ha ereditato la maglia numero 10 del Milan. Un numero che pesa ma che non spaventa il portoghese.
"Sono orgoglioso di avere il 10, sarà ancora più bello giocare con la 10 a San Siro. Mi piaceva tanto, come mi piace il 7… ma il 7 è di Yacine. Non sapevo se Brahim sarebbe andato via e Brahim è un mio amico. Quando ho sentito che doveva tornare a Madrid, ho chiesto il 10 alla società".
Ma Leao, nell'idea di questo Milan, non è più soltanto un leader tecnico della squadra. Deve essere anche un uomo spogliatoio.
"Mi sento sempre più leader, grazie alla fiducia dei compagni. Io non sono una persona che parla tanto ma sto cercando di farlo di più, di essere una voce, anche se penso che ci siano giocatori più bravi a parlare per la squadra. Quando sono arrivato, alcuni compagni mi hanno preso per mano, ora lo sto facendo io con i nuovi".
Infine un passaggio sull'addio di Paolo Maldini, una separazione che ha scosso l'ambiente rossonero.
"È stata una sorpresa. Io sono venuto al Milan anche perché Maldini mi ha chiamato. È stato molto importante per me, mi ha aiutato dentro e fuori dal campo, ma la società ha deciso così. Forse ci vedremo in futuro".