Lacatus, l'erede di Baggio che a Firenze fu una meteora

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Scelto dalla Fiorentina per far ‘dimenticare’ Baggio, Marius Lacatus in riva all’Arno ha giocato una sola deludente stagione.

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Quella che nel maggio del 1990 ha portato Roberto Baggio alla Juventus , è stata una delle trattative più clamorose dell’intera storia del calcio italiano. Questo non solo per i contorni economici dell’affare, ben 25 miliardi delle vecchie lire, una cifra astronomica per l’epoca, e nemmeno per il fatto che a trasferirsi era stato uno dei più forti giocatori del pianeta, un fuoriclasse che di lì a pochi mesi sarebbe dovuto essere l’uomo di punta di una Nazionale impegnata nei Mondiali di casa.

A rendere quell’operazione diversa da tutte le altre furono soprattutto i sentimenti: sull’altare dei bilanci infatti, venne sacrificato uno degli amori più intensi che il calcio nostrano ricordi.

L’allora ventitreenne Baggio era infatti la stella di primissima grandezza di una Fiorentina che era reduce da una doppia finale di Coppa UEFA persa proprio contro la Juventus, ma che tuttavia non poteva certamente competere con le vere big del campionato di Serie A. Era una buona squadra, ma non una grande squadra, tuttavia era ciò di cui, quello che poi sarebbe diventato il ‘Divin Codino ’, si era semplicemente innamorato.

Il passaggio alla Juventus avrebbe insomma rappresentato un passo in avanti sia dal punto di vista delle ambizioni che da quello dei guadagni, ma Firenze era il suo mondo, la città che l’aveva accolto, aspettato dopo infortuni che avevano addirittura messo a rischio la sua carriera e che l’aveva aiutato a diventare uomo. Per lui tutto questo aveva un valore inestimabile tanto da pronunciare, poche settimane della firma che farà di lui un giocatore bianconero, una frase poi rimasta a suo modo nella storia.

“L'ho ripetuto mille volte: io alla Juve non ci vado. Lo scriverò sui muri di casa”.

In realtà Baggio la notte del 17 maggio di quell’anno, ovvero dopo il triplice fischio della finale di ritorno di Coppa UEFA che decretò il trionfo della Juventus di Dino Zoff contro i viola ad Avellino, non salirà sul pullman con i suoi compagni per far ritorno a Firenze, ma con il suo procuratore Caliendo si dirigerà a Roma dove ad attenderlo per le firme di rito c’è Luca Cordero di Montezemolo che, molti anni dopo, ai microfoni di Sky , svelerà alcuni retroscena di quel surreale incontro.

“Baggio firmò il contratto nel mio ufficio, devo dire la verità, senza grande entusiasmo, ma consapevole del fatto che era una passo fondamentale per la sua crescita. Caliendo gli aveva già fatto uno shampoo”.

La chiusura dell’operazione portò ad una vera e propria rivolta. Migliaia di tifosi della Fiorentina si riverseranno per le strade per una protesta che ben presto si trasformerà in un qualcosa di ben più grave. Scoppiano degli scontri che si spostano fino a Coverciano dove la Nazionale sta preparando Italia ’90, ma nulla serve a cancellare ciò che è già scritto. Firenze si ritroverà orfana di un figlio che ha adottato e amato alla follia.

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Quando poco più di un mese dopo, il 21 giugno 1990 , Mario Cecchi Gori acquista la Fiorentina dalla famiglia Pontello , lo fa sapendo che una delle priorità è regalare alla piazza un nome che non solo possa far sognare, ma che in qualche modo possa sostituire nei cuori gigliati Roberto Baggio .

E’ un grande produttore cinematografico e conosce bene quindi il valore delle emozioni, sa che portare un campione all’ombra della Torre di Maratona rappresenterebbe un grande inizio. Ad accorrere in suo aiuto è proprio Italia ’90 , il Mundial delle Notti Magiche che ha rappresentato una straordinaria vetrina di talenti. In un’epoca nel quale il calcio non entrava nelle case di tutti ogni giorno della settimana, erano proprio eventi come questi che consentivano ad un giocatore di guadagnarsi le luci della ribalta e tra le fila della Romania ce ne era stato uno in particolare che anche grazie a quel Campionato del Mondo aveva attirato su di sé le attenzioni di alcuni tra i migliori club d’Europa: Marius Lacatus .

Non era un ‘Carneade’ e non poteva essere nemmeno considerato una scommessa. Era invece un giocatore più che affermato che nel corso della sua carriera aveva già vinto cinque campionati, quattro coppe nazionali, una Coppa dei Campioni ed una Supercoppa Europea.

Era l’uomo di punta di quella Steaua Bucarest che tra la metà e la fine degli anni ’80 si era imposta come una delle squadre più forti del pianeta. Aveva avuto la possibilità di giocare con e contro alcuni tra i più grandi calciatori della sua generazione e si era ampiamente dimostrato ai loro livelli.

Non giocava nello sesso ruolo di Baggio, era invece un esterno destro dotato di grande velocità, un dribbling fulminante ed una buona confidenza con il goal. A Italia ’90 aveva fatto parlare di sé per una storica doppietta contro la Russia del leggendario portiere Dasaev e tanto era bastato alla Fiorentina per decidere di tentare l’assalto finale.

Quando il club viola riuscirà a superare addirittura la concorrenza del Barcellona assicurandoselo per 3 miliardi di lire, tutti i giornali parleranno di un grande colpo. A Firenze si aspettavano un altro grande 10, ma si accontentano anche di un 7 che non somiglierà forse a Baggio, ma che alla mente dei più maturi ricorda tanto un altro grandissimo della storia gigliata: Kurt Hamrin .

A Lacatus viene insomma riservata un’accoglienza di tutto rispetto e lui ringrazia con parole dolci e di circostanza. Svela di essere sempre stato un tifoso della Fiorentina, ma leggenda narra che nel vedere la scarna bacheca del club gigliato lui, che era abituato a quella della Steaua, sia rimasto praticamente senza parole.

Molti anni dopo racconterà la sua verità in merito all’approdo in riva all’Arno.

“Dopo la rivoluzione, qui in Romania è esplosa la moda dei trasferimenti all’estero. Io non volevo andare alla Fiorentina, ho solo detto ‘sì’ alla prima offerta che mi è arrivata. La Steaua ha avuto un importante ritorno economico ed io ho accettato ad occhi chiusi. Posso dire di aver preso la decisione non giusta, ho sbagliato binario. Sono stato il primo colpo messo a segno dalla famiglia Cecchi Gori, ma non ha funzionato”.

Lacatus fa intravedere ottime cose nel pre-campionato, ma quando si inizia a fare sul serio di lui si perdono quasi le tracce. I Cecchi Gori hanno infatti affidato la guida della squadra ad un altro protagonista di Italia ’90, l’ex commissario tecnico del Brasile, Sebastião Lazaroni , che semplicemente non riesce a trovare un posto per la stella romena nei suoi sistemi di gioco.

“Ero stato preso per essere la stella della squadra. Avevano bisogno di un campione dopo l’addio di Baggio e l’hanno preso. Avevo fatto bene ai Mondiali, avevo giocato due finali di Coppa dei Campioni, ero insomma qualcuno, ma Lazaroni aveva altri piani. Mi disse subito che avrebbe voluto Oleg Protasov, un centravanti vero, ma invece arrivai io. Avrò sempre rispetto per lui, mi ha sempre sostenuto, ma non mi faceva giocare da ala ed io non sopportavo il fatto di avere agire in campo spalle alla porta”.

Lacatus viene infatti schierato da seconda punta al fianco di Stefano Borgonovo, in una posizione a lui non congeniale. Le sue prestazioni sono deludenti e in campo invece di trascinare la squadra, spesso si guarda intristito attorno, dando l’impressione di essere deluso dalla scarsa qualità tecnica dei compagni viola.

L’esordio in Serie A coincide con un pesantissimo 4-0 patito contro la Roma, poi dopo uno 0-0 con la Sampdoria avviverà un’altra sconfitta contro il Milan. La Fiorentina insomma fatica terribilmente ma alla quarta giornata, colui che era stato preso per essere l’’ erede di Baggio ’, si scatena contro l’ Atalanta e mette a segno una doppietta decisiva nel 3-1 che vale il primo successo nel torneo.

In molti sperano che possa essere un nuovo punto d’inizio, la classica partita che aiuta un giocatore a sbloccarsi, ma il vero Lacatus a Firenze non si vedrà più . Segnerà un altro goal al Cagliari un paio di mesi più tardi, regalandosi così, in maniera quanto meno prematura, l’ultima gioia con la maglia viola addosso.

“C’erano grandi aspettative su di me, i tifosi pensavano di poter dimenticare Baggio con il mio arrivo, ma non era così. Volevo far bene, ma era dura essere paragonati a lui. Lui era italiano e conosceva la Serie A, io venivo dalla Romania. Non era una questione di qualità dei giocatori, in Europa con la Steaua le squadre italiane le battevamo quando volevamo, era una questione di stile di gioco. Da me volevano dieci o quindici goal a stagione, invece ne ho fatti solo tre”.

Tre goal in ventuno partite di un campionato vissuto nella seconda parte come semplice comprimario. E’ questo lo scarno bottino di un Lacatus che a fine stagione saluterà Firenze per ripartire dall’ Oviedo . Anche nei due anni in Spagna farà fatica e si ritroverà realmente solo una volta tornato in Romania nella sua Steaua, con la quale arricchirà un curriculum che, una volta appesi gli scarpini al chiodi, parlerà di ventidue titoli complessivi.

Era stato preso per non far rimpiangere Baggio, ma a conti fatti quella alla Fiorentina è stata la peggiore esperienza di una carriera importante. A Firenze si è vista solo l’ombra del grande giocatore che è stato e questo perché forse è semplicemente arrivato nel posto sbagliato e al momento sbagliato.

Sul fatto che fosse forte però non ci sono dubbi ed anche se Lazaroni non riuscì a trovargli un posto in campo, non ha mai nascosto il fatto che quello che gli era stato messo a disposizione fosse realmente un grande giocatore.

“Il presidente della Fiorentina, Mario Cecchi Gori, lo amava moltissimo ed ha insistito tanto per prenderlo. Lacatus godeva anche della fiducia dei tifosi, ma è arrivato in un momento di transizione per la squadra. Insieme a Dunga era il più forte di quel gruppo e si può dire che alla fine quella Fiorentina non era al suo livello. Lui aveva una qualità superiore al resto dei compagni. Era semplicemente troppo forte per quella Fiorentina lì”.

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