La Roma non impara mai: nemmeno Mourinho cancella le cattive abitudini

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(C)Getty images
Lo Special One ha riportato entusiasmo e un trofeo, ma di gioco non c'è traccia e restano ben evidenti le lacune mentali e di personalità.

Da capo a dodici. Quatto parole, un concetto semplice per sintetizzare quelle che sono le condizioni della Roma dopo il ko nel derby.

I giallorossi rimediano la terza sconfitta per 1-0 all'Olimpico negli scontri diretti, scivolando alle spalle della Lazio e facendosi riprendere dalla Juventus peggiore degli ultimi due lustri.

Sono tante le lacune espresse dalla Roma nelle prime tredici partite di campionato. Molte più di quelle che la classifica possa suggerire.

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Dietro ai 25 punti accumulati dalla squadra di Mourinho si annidano incertezze, dubbi e una costante sensazione di incompiutezza.

Di gioco non ce n'è traccia. La Roma crea tanto, è vero. Prima per xG in Serie A e raccoglie meno di quanto potrebbe. Ma la maggior parte delle occasioni derivano da giocate individuali, spunti dei singoli e calci piazzati.

L'idea di andare a pungere l'avversario attraverso schemi provati in settimana non sembra esserci. E se c'è, si nasconde piuttosto bene.

I difensori strenui dello Special One sottolineano, non a torto, che lui è sempre stato così. Non è mai stato un "giochista", ma un machiavellico "risultatista". Forse ancora oggi il più capace in circolazione su questo piano.

Lo ha dimostrato anche alla Roma, riportando un trofeo dopo 14 anni e vincendo la Conference League, prima coppa europea della storia del club.

Ma se sulla bacheca è stato Mourinho a incidere sulla Roma, in campo le cose sembrano andare nella direzione opposta.

Il famoso "percorso di crescita" che avrebbero dovuto intraprendere certi giocatori non c'è stato. Tant'è che si continuano a commettere gli stessi errori.

Lo sbaglio di Ibanez al derby non è un inedito, un incidente di percorso, bensì la riproposizione di un bug di sistema del difensore brasiliano.

Aveva peccato di personalità e scarsa lucidità con il pallone tra i piedi già in passato proprio contro la Lazio, regalando un goal a Immobile, ma anche contro Milan, Manchester United e tantissime altre squadre.

E con l'errore nella stracittadina probabilmente si è giocato la possibilità di rappresentare il Brasile ai Mondiali.

Cristante è un altro di quei giocatori che non ha superato l'esame di maturità. Titolare con tutti gli allenatori passati per Roma dal 2018 in poi, l'ex Atalanta continua a non riuscire a trovare una dimensione al centro del campo.

Nel derby prova una decina di lanci (figli del non avere un'idea di gioco ben delineata oltre al palla lunga e pedalare), riuscendo nell'impresa di non azzeccarne nemmeno uno.

C'è poi Mancini, perseguitato dal fantasma dell'ammonizione pendente sulla sua testa e da un carattere che la Roma "brutta, sporca e cattiva" voluta da Mourinho non fa che accentuare in negativo.

Di Mourinho, dopo 18 mesi nella capitale, si vedono principalmente gli artifici retorici per ridimensionare le sconfitte ed esaltare le vittorie e il carattere fumantino degli undici in campo e della panchina tutta.

Ma a preoccupare è l'involuzione di alcuni dei migliori interpreti della passata stagione. Abraham piroetta come il primo ballerino del Bolshoi, si rende protagonista di alcune giocate incomprensibili e sembra aver smarrito anche la confidenza con il goal.

Il centravanti carismatico che si caricava con l'inno di Venditti in questa stagione ha lasciato spazio a un calciatore smarrito e ripiegato su se stesso.

Non lo aiuta certo la concorrenza con Belotti, altro calciatore che lotta con il proprio smarrimento fisico e mentale.

Zaniolo prosegue la sua battaglia personale contro un nemico che vede solo lui, mentre Pellegrini non può giocare tutte le partite se la condizione dei suoi muscoli è più precaria della personalità di chi lo circonda.

Dal mercato sarebbero arrivati due calciatori di una categoria superiore, Dybala e Wijnaldum, ma i problemi fisici li hanno relegati a speranze sulle quali ripiegare in vista del 2023.

Non c'è nemmeno l'alibi del pubblico. Sedici sold out consecutivi, un'atmosfera di unità e compattezza mai vista dalle parti di Roma e una piazza che modula i suoi pensieri e umori in base a quelli dell'allenatore.

L'accordo tra i Friedkin e Mourinho è fino al 2024, ma i primi vorrebbero prolungarlo fino al 2025 continuando a investire per accontentarlo.

La sensazione è che per chiudere ancora una volta tra la quinta e la settima posizione si potrebbe spendere molto meno.

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