Kerlon 'Foquinha', il giocoliere dell'Inter frenato dalla sfortuna

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Considerato l'erede di Ronaldinho, Kerlon va all'Inter nel 2008 senza mai giocare. A 29 anni l'addio al calcio: "Sono stato battuto dagli infortuni".

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La palla alzata con un gioco di prestigio e adagiata sulla testa. E poi via, in una corsa sfrenata col naso all'insù, un occhio rivolto all'oggetto del mestiere e l'altro al campo. Uno stile di vita, un manifesto di anticonformismo in un calcio robotizzato. Fine a se stesso, tutto sommato. Ma se buona parte del mondo del pallone si ricorda di Kerlon Moura Souza, ovvero 'Foquinha', è proprio per quella sua bizzarria rimasta nella storia: il dribbling della foca.

Per carità: portarsi avanti il pallone con la testa, una decina d'anni fa, non era una novità assoluta. Lo faceva già Marco Nappi, il 'Nippo' di Fiorentina, Genoa, Atalanta e tante altre, personaggione del pallone italiano. La 'foca monaca', lo chiamavano. Appunto. Ma quando sulla scena compare Kerlon, il rumore è amplificato. Siamo già nell'era di YouTube, dei primi social network, del calcio divenuto spettacolo. Il dribbling della foca finisce in rete et voilà, il personaggio prende compiutamente forma. Fino a transitare dal Brasile all'Europa. Fino all'Inter, nientemeno. E fino a scemare con la stessa rapidità con cui si è costruito, costretto ad abbandonare il calcio a soli 29 anni.

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Meteore, le chiamano. Gente che promette di spaccare il mondo ma che dal mondo viene spaccata, stritolata, schiacciata. Come Freddy Adu, o come Fabio Paim. Che poi, a dirla tutta, Kerlon non è solo chiacchiere e distintivo. Anzi: con un pallone tra i piedi, e non solo appiccicato alla fronte, ci sa fare veramente. Ha un fisico minuto, non passa il metro e 70, ma ha qualità da vendere. Nel 2005 vince da protagonista col Brasile Under 17 il Sudamericano di categoria in Venezuela, laureandosi capocannoniere e incantando gli immancabili osservatori presenti in tribuna. Qualcuno si spinge piuttosto in là: ragazzi, qui c'è il nuovo Ronaldinho. Addirittura.

In quello stesso 2005 Kerlon esordisce nel Cruzeiro, che poco più di 10 anni prima aveva plasmato non Ronaldinho ma Ronaldo, il Fenomeno. Ed è subito show. Le presenze si contano col contagocce e le reti non arrivano, a dire il vero, ma poco importa. Il ragazzino ha già in mente cosa fare per mettersi in mostra: esibirsi col drible da foca, il dribbling della foca monaca, il pezzo pregiato del proprio repertorio. E lo fa, spesso e volentieri. Il problema è che, il 16 settembre del 2007, decide di ripetere il numero da circo contro i rivali cittadini dell'Atletico Mineiro, in un clássico tra i più infuocati del paese.

Ahia. Pessima idea. Dyego Coelho, terzino che transiterà pure per Bologna, non gradisce e decide di vendicare l'affronto stoppando l'avversario con le maniere forti. Mezza spallata, mezza gomitata, poco importa: in campo scoppia il pandemonio – ovvio – e Coelho viene espulso e successivamente squalificato per 4 mesi. "Il momento che ha cambiato la mia vita", se la ride Kerlon su Instagram.

Sapevo che le avrei prese – ha ricordato qualche anno dopo – È stato bello, era un derby caldo, brasiliano, umano. Coelho? Non l'ho più incontrato. Ricordo che in quel momento mi sono piovuti insulti da ogni parte, ma non ho mai avuto timore di fare quel numero. E non l'ho mai fatto per mancare di rispetto agli avversari”.

“Aggredire qualcuno non è mai la cosa giusta da fare – si è invece giustificato Coelho – ma chi non ha mai giocato un Atletico-Cruzeiro non può capire cosa sia una partita del genere. Non mi pento, anche se non sono a favore di certe cose, perché nel calcio non dovrebbe esistere la violenza”.

Quel dribbling, Kerlon se l'era iniettato nel sangue sin da bambino. Ha appena 9 anni quando lo esibisce per la prima volta. Si allena con il padre, che evidentemente progetta per il figlio un futuro ad altissimi livelli, fino alla nausea. E a 14 anni lo ripete anche in partita.

“Mio padre mi ha incoraggiato a farlo. Riuscivo a mantenere molto bene la palla, così ho cominciato a controllarla anche con la testa. Lui mi ha chiesto di provare a camminare così, poi di correre. Abbiamo sviluppato uno studio sulla visione periferica, per capire da dove arrivassero i difensori, abbiamo letto dei libri, ci siamo allenati con dei conetti. Fino ad arrivare al punto di farlo in maniera automatica”.

Kerlon

L'eco delle qualità di Kerlon giunge fino all'Italia. Nel 2008 l'Inter, che nel frattempo ha preso pure Quaresma, decide di puntare su un secondo personaggio folclorico. E tessera il giovane brasiliano, anche se in collaborazione col Chievo, lasciandolo per un anno a Verona. L'agente è Mino Raiola, “il migliore nella storia dei procuratori”. Pochi mesi prima Foquinha si era rotto il crociato, primo di una lunghissima serie di infortuni che lo porteranno precocemente ad abbandonare il calcio. Ma all'epoca le speranze sono ancora tante. Peccato che basti poco, una manciata di mesi, per far svanire l'illusione.

Kerlon in A disputa appena 4 partite col Chievo. L'Inter, invece, la vede solo col binocolo. Troppa la concorrenza nella super rosa di José Mourinho per un ragazzo alle prime armi. E troppa è anche la sfortuna che si abbatte su di lui: altro crociato rotto nel 2009, operazione alla caviglia nel 2010. Un calvario. Una serie di stop che ne rallentano la carriera e le aspettative. Nel frattempo viene sballottato prima all'Ajax, che però non lo utilizza mai in prima squadra, e poi fa rientro in patria per giocare col Paraná. Dalle stelle alle stalle. Un rapidissimo e dolorosissimo ritorno alla realtà.

Da lì in poi, è ancora peggio. L'Inter taglia definitivamente ogni legame con Kerlon, che inizia il proprio personale giro del mondo: Brasile, Giappone, Stati Uniti, Malta, ancora Brasile, Slovacchia. Un peregrinare senza meta che certifica come il sogno sia ormai svanito. Fino alla decisione di smetterla col calcio: nel 2017, ad appena 29 anni, Foquinha diventa ufficialmente un ex.

“Ho vissuto momenti di grande tristezza, con tanti infortuni e tanta sfiducia – spiega al momento di comunicare la propria decisione – Ho lottato, ci ho provato. Nonostante sia dovuto passare per sei operazioni al ginocchio e due alla caviglia, ho sempre tentato di fare ciò che mi piace di più: giocare a calcio. Con mio padre abbiamo creato una giocata unica, il dribbling della foca. Sono stato sconfitto dagli infortuni, ma sono felice perché ho avuto l'opportunità di vivere momenti che solo il calcio può dare”.

Guai fisici a parte, Kerlon ha parecchio da raccontare della propria carriera, così breve e così intensa. Gli inizi folgoranti e il derby con l'Atletico, certo. Ma all'Ajax, per dire, fa la conoscenza di un certo Luis Suarez e di un certo Christian Eriksen. E all'Inter, dove lo vuole Mancini, nemmeno il foglio di via consegnatogli da Mourinho intaccare il ricordo di un'esperienza da appendere in bacheca come un trofeo.

“Girava molto denaro, ma i giocatori rimanevano semplici, simpatici con i nuovi arrivati. Però tremavo quando vedevo giocatori come Materazzi, alto un metro e 90. E poi Crespo, Figo, Julio Cesar...”.

Il Foquinha post futebol è un'altra persona. Ha messo su qualche chilo, è bello rotondetto. Accetta la propria sorte, va a vivere negli Stati Uniti, diventa istruttore in una scuola calcio americana e nel frattempo è socio di un'agenzia brasiliana di giovani calciatori. Con l'obiettivo di rimanere nel mondo del pallone, la sua passione più grande. E magari, perché no, di insegnare a qualche alunno anticonformista l'arte del drible da foca.

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