Keirrison, il flop di Barcellona e Fiorentina che mise in pericolo il triplete dell'Inter
Nel 2010 la Fiorentina si è trovata ad affrontare un ricambio generazionale, al termine dell’era di Cesare Prandelli, che aveva portato i viola ad essere una squadra da Champions League. L’ultimo anno con il tecnico bresciano in panchina si concluse in Europa con l’eliminazione nella doppia sfida con il Bayern Monaco, mentre in Serie A con un misero undicesimo posto. L’allora Direttore Sportivo del club Pantaleo Corvino, però, guardava avanti con fiducia, nonostante stesse per perdere la propria guida in panchina: il mercato aveva portato giovani entusiasmanti. Sulla carta.
“Stiamo portando avanti un cambiamento generazionale. Era già partito con l’arrivo di Jovetic e De Silvestri, adesso abbiamo preso anche Ljajic, Keirrison e Seferovic”.
Jovetic, De Silvestri e Ljajic hanno trovato il modo di lasciare il segno in Italia, così come Seferovic ha fatto in Germania e in Svizzera. Keirrison, invece, è finito nel dimenticatoio. Paradossale, per uno dei talenti più chiacchierati del decennio scorso, quando il Barcellona gli fece firmare un quinquennale e sborsò 14 milioni di euro. Nel 2009, non certo una cifra banale. D’altro canto l’allora ventenne, attaccante, cresciuto nel Coritiba, sembrava uno dei talenti in grado di segnare una generazione. In Brasile stravedevano per lui: capocannoniere del campionato Paranaense, trascinatore del suo club alla promozione nel 2007. L’approdo in Europa era solo questione di tempo, giusto quello di imporsi col Palmeiras in Libertadores.
L’esperienza nel vecchio continente, però, non si sarebbe rivelata soddisfacente per K9, soprannome che si è portato dietro sin da piccolo, da quando nel Mato Grosso do Sul, al confine col Paraguay, tirava i primi calci al pallone. Al Barcellona avevano deciso di fargli fare esperienza. Prima tappa: prestito al Benfica, pochissime presenze e ancor meno prestazioni convincenti. Seconda tappa: la Fiorentina, per l’appunto. Prestito biennale, diritto di riscatto. Che non è mai stato esercitato. Anche a Firenze, parlare di esperienza brillante rischia di essere un ricco eufemismo. Tanto che il prestito è stato poi interrotto dopo soli sei mesi. Eppure, Keirrison ha comunque trovato il modo di farsi ricordare. E non soltanto per aver rivelato che il suo nome è una crasi di Keith Richards e Jim Morrison, le due grandi passioni musicali del papà.
Il bilancio in termini numerici è stato misero: due goal in 12 presenze, perlopiù spezzoni. Uno contro la Lazio in pieno recupero, l’altro contro l’Inter di José Mourinho. In una giornata, la 33ª, che vedeva il sorpasso della Roma in testa alla classifica, prima del contro-sorpasso alcuni giorni dopo, quando la Sampdoria espugnava l’Olimpico e spianava la strada ai nerazzurri verso il Triplete. L’attaccante brasiliano classe 1988 quel giorno aveva segnato l’1-0. La partita sarebbe poi finita 2-2. A fine stagione, se ne sarebbe andato con un anno d’anticipo. Risoluzione consensuale. Nonostante questo, conserva un buon ricordo.
“L’esperienza alla Fiorentina è stata unica. Ho sempre ammirato l’Italia come paese e anche il calcio italiano. Credo che sia stata una delle più grandi lezioni che ho avuto, soprattutto grazie a una grande persona e un grande allenatore come Cesare Prandelli. L'accoglienza e l’ambientamento sono stati eccellenti. Vivevo vicino al Ponte Vecchio: un paradiso! Nel tempo libero ho visitato tutti i luoghi turistici, sono innamorato della città”.
La sua esperienza a Firenze è terminata nell’estate 2010, così come le sue chances in Europa. Ha deciso di tornare in Brasile, nel Santos di Neymar. Vittoria della Copa Libertadores al primo tentativo, anche se da panchinaro. Il trionfo è probabilmente l’ultimo vero grande highlight della sua carriera rovinata. Cruzeiro, Coritiba, Londrina, un’altra parentesi in Europa, in Portogallo con l’Arouca: due minuti in campo. Letteralmente. Di nuovo in Brasile. In mezzo, nel 2015, il dramma di aver perso un figlio di soli due anni per arresto cardiaco.
Nel 2019 Keirrison è tornato agli onori della cronaca per questioni calcistiche: doveva firmare un contratto con il Centro Sportivo Alagoano, appena promosso nel massimo campionato brasiliano. Accordo saltato a causa della sua pessima forma fisica. A ottobre 2020 si è rimesso in gioco con i Palm Beach Stars, nuovo progetto calcistico di Miami, partito dalle leghe minori con l’obiettivo di arrivare alla MLS. Ci giocavano l'ex Lazio Perea e l’ex Milan Taiwo, oggi c'è ancora un altro ex biancoceleste Braafheid. Inizialmente la pandemia gli ha impedito di entrare in territorio statunitense in quanto cittadino brasiliano. Poi ce l'ha fatta, ma senza brillare, in una carriera fatta di aspettative disattese.