Siamo nel 2012. Andrea Raggi è un difensore italiano di 28 anni che deve decidere se rinnovare con il Bologna e continuare la sua discreta (ma difficilmente migliorabile) carriera in Serie A o fare qualcosa di impensabile, ossia accettare l'offerta del Monaco, caduta in disgrazia in Ligue 2 ma con un potenziale progetto di rinascita sul quale il magnate russo Rybolovlev sembra disposto a investire bei soldi.
Ed è anche per quello che inizialmente Raggi decide di trasferirsi a Montecarlo. Lo stipendio che gli offrono è molto più alto, quindi perché no. Perché non provarci. Del resto in panchina c'è Claudio Ranieri ed è stato proprio lui volerlo in squadra. Raggi pensa che comunque vada sarà una bella esperienza. Non immagina minimamente che quella al Monaco non sarà soltanto una bella esperienza, ma la migliore della sua carriera.
In Ligue 2 Raggi è titolare fisso e vince subito il campionato. L'anno dopo Rybolovlev inizia a fare quello che aveva promesso portando nel Principato in un colpo solo James Rodriguez, Falcao, Ricardo Carvalho, Joao Moutinho e Kondogbia. Per molti, in quella squadra, Raggi è praticamente un intruso. Eppure è sempre lì, sempre in campo, sempre a dare tutto. Quello che gli manca tecnicamente lo compensa con la testa. L'allenatore e i compagni lo percepiscono. E' il vero leader dello spogliatoio.
"Non so se è la mentalità italiana, ma è uno che vuole sempre di più", dirà di lui Germain.
Sta di fatto che Raggi arriva fino alla Champions League. Fa il suo esordio nella massima competizione europea a 30 anni. Lui che a stento aveva giocato tre partite internazionali in carriera tra club e nazionale Under 21. Arriva in Champions e anche in questo caso non è di passaggio. Dopo Ranieri, dimostra al nuovo allenatore Jardim che a quei livelli può starci. E infatti gioca praticamente tutte le partite, sino ai quarti di finale persi contro la Juventus.
Jardim lo utilizza ovunque: difensore centrale, terzino destro o sinistro. L'importante che Raggi sia in campo. La stagione 2016/17 è quella dei miracoli. Raggi riceve anche una proposta da parte dell'Inter, ma decide di declinarla e firmare il rinnovo con il Monaco.
"Stavo talmente bene a Montecarlo che avrei rifiutato anche il Barcellona".
La scelta, ancora una volta, è quella giusta. Il Monaco riscrive la storia: vince il campionato davanti al PSG e si arrampica fino alle semifinali di Champions eliminando agli ottavi il Manchester City di Guardiola in un epico doppio confronto: sconfitto 5-3 nel match d'andata all'Etihad, il Monaco ribalta tutto nel match di ritorno al Louis II vincendo 3-1. Raggi si arrende per infortunio dopo 70 straordinari minuti durante i quali si mangia il Kun Aguero. Un minuto dopo la sua uscita dal campo il Monaco prende goal, prima della rete della definitiva qualificazione segnata dal futuro milanista Bakayoko.
In quel Monaco, eliminato poi in semifinale ancora una volta dalla Juventus, brilla la stella nascente di Kilyan Mbappé. Raggi si gode in prima fila la sua spaventosa crescita, lui e Mbappé sono le due facce della stessa medaglia. Raggi è il top player dietro le quinte, l'imbucato alla festa dei campioni. Mbappé l'uomo copertina, l'emblema del calcio moderno, potenzialmente il giocatore più forte al mondo. Gli opposti che vincono insieme, due linee parallele che normalmente non si dovrebbero mai incontrare.
La cosa lascia di stucco anche Maurizio Zamparini, che ai tempi del Palermo aveva sborsato 7 milioni di euro per acquistare un giovane Raggi dall'Empoli, salvo poi scaricarlo senza quasi un perché.
"Diciamo che non è stato proprio un affare. Raggi da noi era un bidone e non a caso, per due anni, l'ho regalato in giro pagandogli addirittura lo stipendio. Poi il calcio è strano e oggi lui gioca in Francia nel Monaco assieme a Falcao".
Parole che fanno capire il perché Raggi in Italia non ci sia più tornato. Nemmeno per vestire la maglia della Nazionale. Quella chiamata, infatti, non è mai arrivata: "Eppure una presenza me la sarei meritata", ha confessato qualche anno dopo lo stesso Raggi, che non ha ottenuto altro che qualche chiacchierata con l'allora ct Prandelli.
Alla fine, la sua unica nazionale è stata quella del Principato. Sette stagioni, 230 presenze, 10 goal, un titolo di campione di Francia e una semifinale di Champions. La fascia di capitano al braccio per consacrarlo e legittimarlo come simbolo del club.

"Quando sono sceso in Ligue 2 qualcuno mi ha dato del pazzo, ma io sapevo cosa facevo. E i fatti mi hanno dato ragione. La cavalcata dalla Ligue 2 al titolo di campione di Francia resterà impressa per molti anni. E a me personalmente il Monaco mi ha svoltato la vita. Abbiamo risvegliato la Francia. C'è stato un momento della carriera in cui sembravo destinato a giocare in una bassa Serie A, a lottare sempre per la salvezza. Ma nella vita serve carattere, costanza, forza. Sono arrivato a vincere il campionato e giocato quasi 30 partite in Champions League da titolare. Non sono un montato, vengo da una famiglia operaia, resto umile. Ma se sono arrivato qui è per merito. Ho promesso che se avessimo vinto il campionato mi sarei fatto tatuare lo stemma del Monaco con il simbolo del Pirata. Qui mi chiamano tutti così perché sono sempre sul pezzo, non mollo mai".
Una promessa dal 'Pirata' e non 'da pirata'. Infatti è stata mantenuta. Raggi ha voluto imprimere sulla propria pelle il Monaco e la sua impresa. Non si è mai voltato indietro, sin da quell'estate del 2012 quando ha preferito l'incertezza di diventare qualcuno alla certezza di essere solo uno dei tanti.