Gli inizi di Calhanoglu in Germania: gli allenamenti con Grifo, la pistola di Töre e il tradimento all'Amburgo

Hakan Calhanoglu HSV
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Dagli inizi al Karlsruhe e le punizioni con l'italiano, l'episodio con la nazionale e il passaggio a Leverkusen, fino alla sospensione.

Quando nell’estate 2021 si è trasferito dal Milan all’Inter a parametro zero, Hakan Calhanoglu ha fatto una scelta forte che ha portato ad una rottura insanabile con la sua vecchia tifoseria. Piuttosto inevitabile, data la sua decisione di passare da una parte all’altra del Naviglio. Dalla festa Scudetto ai gesti nei derby, fino ai messaggi più o meno velati in campo e sui social. Non è comunque stata la prima volta in cui il turco ha portato il suo rapporto con i club del passato fino ad un punto di rottura. Ad Amburgo ancora oggi il nome del ventinovenne nato a Mannheim è spesso associato alla parola “tradimento”. Una delle controversie di una carriera scandita anche dalle polemiche, oltre che dai gesti tecnici in campo.

Quando nel 2012 l’HSV riesce ad aggiudicarsi Calhanoglu, deve battere una concorrenza piuttosto folta, visto che l’allora diciottenne cresciuto nel Waldhof Mannheim era seguito da mezza Germania calcistica. Nel momento in cui diventa un giocatore del club anseatico, il Karlsruhe è appena retrocesso in 3.Liga dopo aver perso lo spareggio contro lo Jahn Regensburg.

Durante la sua prima stagione nell’Under-19 della squadra giocava anche Vincenzo Grifo, con cui Hakan si allena sulle punizioni. L’attuale fantasista del Friburgo se ne va all’Hoffenheim a fine stagione dopo la retrocessione, mentre il turco resta in prestito nella terza serie tedesca. E si toglie discrete soddisfazioni, perché realizza 17 reti ed è decisivo nella corsa alla promozione.

Il passaggio in Zweite, però, stavolta lo salta, perché ad attenderlo c’è già la Bundesliga, c’è già l’Amburgo. Dieci anni fa era ancora una squadra di vertice che puntava alla Champions League, che si poteva permettere acquisti di un certo tipo. Era l’inizio di quello che sarebbe stato l’inesorabile declino che lo ha portato attualmente in seconda serie. La squadra veniva da un settimo posto e viveva prospettive di un determinato tipo. Finite per essere clamorosamente inattese.

Hakan Calhanoglu HSV

In quella che si è poi rivelata l’unica stagione del turco al Volksparkstadion, ne sono successe di ogni tipo, a partire da un triplo avvicendamento di allenatori: Thorsten Fink, confermato dalla stagione precedente, è stato sostituito ad interim da Rodolfo Cardoso prima della chiamata di Bert van Marwijk, che ha finito per perdere il posto a discapito di Mirko Slomka. È stato quest’ultimo a salvare la stagione e la reputazione della squadra, evitando la prima retrocessione della storia con un pareggio sofferto allo spareggio contro il Greuther Fürth.

In una stagione così negativa, Calhanoglu è riuscito comunque ad essere una nota positiva, una delle pochissime. Ha segnato 11 gol, alcuni dei quali memorabili. Uno su tutti, la straordinaria punizione contro il Borussia Dortmund da quaranta metri che inevitabilmente ha fatto il giro del mondo in pochi minuti. Era il 22 febbraio 2014. Da lì l’Amburgo, che già non versava in ottime acque, ha iniziato un crollo verticale. E dopo lo spareggio, con una stagione del genere, solo ventenne, Calha ha iniziato a ricevere offerte e sentire l’esigenza di un cambiamento. 

Dal canto suo, l’Amburgo non aveva intenzione di privarsi così facilmente del proprio asso, ma nel momento in cui andava programmata la nuova stagione sono iniziati i malumori da parte del turco, che ha iniziato un braccio di ferro con il club per forzare la propria cessione. Con il Bayer Leverkusen, fresco di qualificazione ai preliminari di Champions League, sullo sfondo.

L’annuncio della sua volontà di cambiare aria aveva scatenato la rabbia dei tifosi, soprattutto per la tempistica e per quello che è stato il modo. Aveva rinnovato il contratto nel momento più difficile, dichiarando amore alla società, poi però l’agente proprio prima dello spareggio salvezza aveva di fatto messo il ragazzo sul mercato, facendo anche il nome del Bayer Leverkusen senza troppi scrupoli. Tutto in piazza, insomma, per la furia del club e dei tifosi.

"Se andassi al Bayer Leverkusen avrei delle prospettive importanti: voglio provare a raggiungere al livello di Cristiano Ronaldo e Messi, una star. Qui avevo grandi speranze la e ho perse”.

La sua richiesta di comprensione non è stata presa bene nemmeno dal club, che lo ha convocato per il primo giorno di ritiro. Il giocatore però non si è mai presentato, anche con il supporto di una carta firmata da uno psicologo che gli diagnosticava una sindrome depressiva da stress, causa anche dalle aggressioni dei tifosi, che gli hanno anche danneggiato l’auto arrivando fino alle minacce.

Nel momento in cui è arrivata la cessione al Bayer Leverkusen, a inizio luglio, sembrava finalmente arrivato il momento per voltare pagina e dimenticare le controversie. Cosa che è successa solo in parte, visto che la stagione 2016/17 l’ha giocata solo a metà a causa di una squalifica di 4 mesi comminata proprio per il trasferimento… all’Amburgo. Nel 2011 era stato infatti firmato un contratto con il Trabzonspor, mai rispettato a causa del palesarsi dell’opzione HSV.

Hakan Calhanoglu Bayer Leverkusen

La serenità di Calhanoglu in quel periodo era stata turbata anche da un episodio emerso solo un anno dopo: il 15 settembre 2013, nel ritiro della nazionale turca, che ha visto protagonisti i suoi compagni di nazionale Gökhan Töre e Omer Toprak, più altre due persone, in una stanza d’hotel in Turchia.

“Ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato”, ha raccontato alla Zdf, “Gökhan ha scoperto che un amico Omer, che aveva una storia con la sua ex, era con noi in hotel. Hanno suonato alla porta, ma noi non abbiamo aperto. Dopo se ne sono andati, ma sono ritornati con la chiave della nostra stanza. Gli impiegati dell’hotel non pensavano che fosse un problema, dato che eravamo nella stessa squadra, così gliela diedero”.

Calhanoglu racconta che al ritorno si spacciarono ironicamente anche per gli addetti alle pulizie. 

“Aprii la porta. Gökhan mi ignorò e andò dritto dall’altro ragazzo. Successivamente, un’altra persona entrò nella stanza. Non l’avevo mai visto prima. Il vero problema iniziò qui. Quel tizio tirò fuori una pistola che nascondeva sotto la giacca, camminò verso Omer e gli disse: 'Fermo o gli sparo’. Voleva che io e Omer stessimo calmi, così che Gökhan potesse risolvere il suo problema”.

Si scatenò una lite tra Töre e l’amico di Toprak, mentre la persona con la pistola non fece più nulla.

Io ero nell’angolo della stanza, e mi disse di non muovermi e che altrimenti mi avrebbe sparato. Quando tutto finì, l’amico di Omer sanguinava”.

I due si sono ritrovati più avanti in Turchia, sempre con la nazionale. L’episodio è stato dimenticato, Calhanoglu è andato avanti per la sua strada. Come ha sempre fatto, anche con il rischio di scontentare qualcuno. Qualcosa che non gli ha mai creato evidentemente problemi. Anzi.

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