Bressan e il suo posto nella storia: la mitica rovesciata contro il Barcellona

Mauro Bressan Fiorentina
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Il 2 novembre 1999 Mauro Bressan ha realizzato uno dei goal più belli di sempre: la rovesciata in Fiorentina-Barcellona è entrata nella storia.

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Può un solo goal valere quanto un’intera carriera? Evidentemente no. Un goal tuttavia può avere la forza di cambiarlo il volto di una carriera, consegnando a colui che l’ha segnato un posto tra i più forti di sempre. Anche se magari non ha avuto le stesse qualità tecniche dei grandi nomi tra i quali è stato inserito. Anche se magari non è stato propriamente un fuoriclasse.

Affinché la cosa accada è necessario che la rete in questione sia stata straordinariamente importante o straordinariamente bella, ed è in questa seconda categoria che rientra di diritto quella che Mauro Bressan ha realizzato il 2 novembre 1999.

Fino a quel momento, il suo percorso nel mondo del calcio era stato lineare e senza grandi sussulti. Una buonissima carriera fatta di tanta Serie A, ma non certamente all’altezza di tanti di quei campioni con i quali si accompagna da oltre vent’anni nei vari video che racchiudono le più belle gemme della storia del calcio mondiale.

Era cresciuto nel Milan, osservando da vicino fuoriclasse del calibro di Marco Van Basten, Ruud Gullit, Franco Baresi, Paolo Maldini e Frank Rijkaard (solo per citarne alcuni) e vivendo a Milanello aveva avuto modo di respirare calcio ventiquattro ore su ventiquattro in un ambiente che all’epoca soprattutto voleva semplicemente dire eccellenza. La maglia del Milan non la indosserà mai tra i ‘grandi’, ma il rossonero riuscirà comunque a vestirlo qualche anno più tardi in Serie A: sarà quello del Foggia che, chiusa la straordinaria epopea di ‘Zemanlandia’, proverà a ripartire da Enrico Catuzzi.

Esordirà nella massima serie il 4 settembre 1994 in una sfida contro la Roma, ovvero nel giorno in cui Francesco Totti, un fuoriclasse che nel corso della sua carriera poi di magie ne sfornerà in quantità industriale, segnò il suo primo goal in campionato, e da lì inizierà un percorso fatto di tanta costanza in squadre, come Cagliari e Bari, spesso costrette a lottare per non retrocedere.

Questo almeno fino all’estate del 1999, quando a 28 anni può finalmente compiere il grande salto. La Fiorentina e Giovanni Trapattoni, che già aveva avuto modo di allenarlo ai tempi di Cagliari, lo individuano per andare a completare il reparto di mediana. A Bressan viene chiesto di farsi trovare pronto e di dare il suo contributo tanto al centro, quanto sull’out di destra. Lui svolge il suo lavoro egregiamente, si guadagna anche diverso spazio e dimostra che a certi livelli, ovvero in una squadra che solo l’anno prima era finita terza in classifica e che tra le sue fila può contare su campioni come Toldo (che ritroverà dopo gli anni trascorsi insieme nel settore giovanile del Milan), Torricelli, Di Livio, Rui Costa, Mijatovic e Batistuta, ci può stare alla grande.

Bressan quindi, approdando in viola da un senso diverso alla sua carriera. Arriva nella squadra della quale suo padre era tifoso e lo fa sapendo che le possibilità di togliersi le soddisfazioni non mancano. Quello che forse non può immaginare è che da lì a pochi mesi dal suo arrivo in riva all’Arno, regalerà al mondo un gesto tecnico, una sorta di meravigliosa istantanea, che lo consegnerà alla storia del calcio.

E’ appunto il 2 novembre 1999 quando a Firenze arriva il Barcellona di Louis Van Gaal. La Fiorentina e i blaugrana sono impegnati in un girone di Champions League dal tasso tecnico elevatissimo. Al Franchi si respira l’aria del grande evento, ma c’è anche chi teme che la partita possa regalare pochi spunti d’interesse. I catalani hanno infatti dominato il gruppo, mentre gli uomini di Trapattoni sono reduci dalla storica impresa di Wembley contro l’Arsenal che ha già garantito loro, per una serie di calcoli, l’approdo al girone successivo. Insomma, in palio c’è solamente l’onore.

La gara in realtà propone fin da subito spunti interessanti, ma nulla rispetto a ciò che accadrà al 13’: Guardiola respinge in area un pallone che Enrico Chiesa ha cercato di mettere al centro, la stessa sfera schizza poi via lontano dove Heinrich e Rivaldo se la contendono di testa, prima di arrivare a due passi da Bressan.

Il rimbalzo è evidentemente quello giusto, al punto che il centrocampista gigliato dà fin da subito l’impressione di aver chiaro in mente cosa fare. In realtà si tratta solamente di istinto allo stato puro, di gesti memorizzati dal corpo in anni e anni di partite e di allenamenti. Sì, perché quella di Bressan è più che un’idea, è semplicemente una follia: una rovesciata da circa trenta metri.

Quando il pallone inizia la sua discesa, il numero 21 viola è già in volo e il suo destro è stato già caricato. La conclusione è perfetta dal punto di vista tecnico e dal suo piede parte una sorta di pallonetto nel quale il portiere del Barcellona Arnau intravede fin da subito qualcosa di pericoloso. Fa un paio di passi indietro, salta allungando la sua mano destra, ma non può nulla. Quando si rialzerà dopo aver violentemente sbattuto contro il palo, la sfera avrà già concluso la sua magica parabola sotto il sette. E’ un momento di rara bellezza.

Chi è in campo, ma anche chi è sugli spalti, farà fatica a credere a ciò che ha visto. Mauro Bressan, il protagonista non propriamente più atteso di una notte nella quale a guadagnarsi le copertine dovevano essere i vari Toldo, Rui Costa, Chiesa, Guardiola, Figo, Rivaldo o Kluivert, ha oscurato tutti con una delle più belle cose che si siano mai viste su un campo di calcio.

“Provavo sempre le rovesciate in allenamento, per me non erano una novità. Quella volta è andato tutto per il verso giusto e segnare così sotto la Fiesole contro il grande Barcellona è stata un’emozione unica. Ancora oggi ho i brividi. E’ stato un qualcosa che mi è venuto in maniera naturale, come mi succedeva da bambino”.

Quella partita poi si concluderà sul 3-3, ma la cosa è di relativa importanza. Erano bastati i primi tredici minuti per catapultarla in qualche modo nella storia.

Giovanni Trapattoni, uno che qualche momento storico l’aveva vissuto prima da calciatore e poi da allenatore, fu tra i primi a capire la portata di quella piccola-grande impresa.

“Ricordo che a fine gara mi disse ‘Non sai che cosa hai fatto. Forse tra qualche anno capirai cosa hai combinato’. Aveva ragione lui, è stato così”.

Da allora non c’è classifica nella quale quel goal non venga inserito tra i più belli in assoluto, a dimostrazione del fatto che Mauro Bressan con quel gesto si è in un certo senso guadagnato l’immortalità calcistica.

La UEFA, tempo dopo, in occasione del suo sessantesimo anniversario inserirà quella prodezza tra le dieci gemme più preziose della sua intera storia, mentre France Football la posizionerà al secondo posto in assoluto tra i migliori goal della Champions League, spingendo quindi Bressan su un podio che lo vede tra Zinedine Zidane (con il suo sinistro al volo in Bayer Leverkusen-Real Madrid del 2002) e Cristiano Ronaldo (con la rovesciata in Juventus-Real Madrid del 2018). Non propriamente due giocatori qualunque.

Un momento magico, in una notte magica, che si è però chiusa con un piccolo rimpianto. Bressan la maglia con la quale ha realizzato il goal, per il quale verrà ricordato per sempre, l’avrebbe voluta tenere, ma dopo il triplice fischio finale la scambiò con Rivaldo.

Era forse il biglietto da pagare per un posto nella storia.

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